Giuseppe Verzocchi era appassionato dal lavoro, un ‘eterno lavoratore’.
Costruire mattoni lo rendeva fiero e felice a dar retta alle innumerevoli foto che lo ritraggono: in una è seduto allegro su un muro dei suoi refrattari, le gambe a penzoloni; in un’altra esce da una ciminiera costruita sul pavimento della fabbrica a mò di scenografia teatrale.
“(…)è per riconoscenza verso il lavoro che è sempre stata la mia ragione di vita, che ho invitato alcuni pittori italiani a trattare questo argomento nel loro linguaggio.”, scriveva nel 1950.
Sì perché per Verzocchi il lavoro non finiva con i mattoni, piuttosto da lì cominciava.
Il lavoro poteva essere la sua ragione di vita perché lavorando Giuseppe Verzocchi scopriva altro, scopriva sé stesso, chi era: un uomo capace di intraprendere rapporti con chiunque, per esempio, e che a incontrare personaggi si divertiva.
Tra tutti prediligeva gli artisti. Lo incuriosivano, lo sollecitavano.
Scoprì che l’arte lo affascinava e si ritrovò ad amare il lavoro e la bellezza in ugual misura, perciò decise di rendere partecipi della duplice passione il mondo intero e le generazioni a venire.
Ci è riuscito se, nel Sessantesimo della Collezione, il Comune di Forlì in accordo con Città di Ebla apre il nuovo sito web della collezione Verzocchi a questo link www.collezioneverzocchi.com
E i nipoti (è notizia di questi giorni) hanno donato ai nostri Musei altro materiale dell’archivio familiare: perché la generosità s’impara al pari di un mestiere.
E l’amore per l’arte, pure.
E una volta imparato non si dimentica più, tanto che anche noi siamo stati raggiunti dal medesimo desiderio di Verzocchi: di rendere, cioè, tutti partecipi della Collezione.
Anche per questo procede il progetto di trasferirla a Palazzo Albertini, nel salotto buono della città con l’affaccio su piazza Saffi, per valorizzarla ancor più e fare sì che chiunque passi dal centro sappia che c’è, che desideri vederla e magari rivederla, per esserne colpito a oltre Sessant’anni dalla sua inaugurazione.
Che possa essere un luogo dove interrogarsi sul senso del lavoro nella società moderna: né qualcosa di fagocitante che ha in sé il suo significato, per cui l’uomo è il lavoro che fa; né qualcosa da eseguire trattenendo il fiato, aspettando la vita da un’altra parte, fuori dall’ufficio o dalla fonderia.
Per Verzocchi non era nessuna delle due ipotesi.
Per Giuseppe Verzocchi il lavoro è stato lo spazio dove scoprire man mano di avere dei talenti e di volerli spendere con generosità e senso di gratuità.
Noi, Comune e Città di Ebla, insieme, seguiamo questa prospettiva culturale.
Buon lavoro a tutti.